Più veloci di aquile i miei sogni
Una deriva d’isolotti si disperde nell’acqua salmastra della laguna friulana, habitat galleggianti più che mai adatti ad ospitare gli uccelli stanziali o quelli migratori provenienti dalle rotte balcaniche.
Essi viaggiano per istinto al contrario di alcuni indomiti esseri umani con l’istinto del viaggiare, desiderio irrefrenabile che spinge a partire verso luoghi inesplorati.
La Ciclovia Alpe Adria è sicuramente uno di questi.
Letteralmente non posso volare ma posso fare molto di più.
Volare sulle ali della fantasia o pensare d’avere le ali ai piedi mi permetterà d’arrivare molto più lontano rispetto a quello che avevo soltanto immaginato di riuscire a fare in questo viaggio.
Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare.
Dati di viaggio
Bici consigliata: ciclo-cross/stradale.
Giorni in viaggio: 7.
Km percorsi: 420.
Difficoltà: facile.
Modalità pernotti: mista (tenda o struttura).
Clicca qui per essere indirizzato al sito ufficiale della ciclovia.
Un ringraziamento speciale al mio compagno di viaggio Francesco!
Il video che stai per guardare è stato girato e montato da lui.
Buona visione!
Qui di seguito trovi l’album completo con tutte le foto della Ciclovia Alpe adria.
Puoi attivare la casella informativa per avere al tuo servizio tutte le didascalie di ciascuna foto.
Grado e la sua laguna
Una sottile e continua linea d’asfalto divide in due parti la laguna sfilando accanto alle isole Volpera, Gorgo e alla Valle del Moro, serve per collegare la terra ferma all’importante centro turistico di Grado, notoriamente conosciuta come Isola del Sole.
Muovere i primi passi a Grado è semplice, il canale della Schiusa e il canale d’attracco al porto Vecchio vincolano i due estremi di questo primo frangente di terra guidando verso l’interno del paese. Mi domando dove sia effettivamente il mare, è troppo che voglio vederlo, è quel passaggio fondamentale che manca per sentirsi pronti a prendere a colpi di pedale la Ciclovia Alpe Adria.
Lo spazio sconfinato del mare disorienta e affascina allo stesso modo di un dedalo imprecisato di vicoli, quelli che mi ritrovo davanti per l’appunto, indovinare quale sia quello giusto è pura fatalità.
Trovato. In testa al porto Vecchio si apre un bel viale pedonale (Europa libera) che termina proprio tra le braccia del mare.
La spiaggia e il lungomare Nazario Sauro sono il luogo preferito per svagarsi un po’ in attesa di riprendere le normali attività quotidiane.
Bici a mano ed eccomi nei panni di turista.
Basta calarsi nel chiacchiericcio di una storica Piazza Duca d’Aosta e nella successiva via Gradenigo per capire che Grado è molto più di una località balneare e termale. Il sole a piede libero inonda di luce l’ampia strada, diventa accecante unito al potere riflettente di certe superfici, altre vengono lasciate all’oscuro di tutto perché troppo strette e defilate.
Lascia parlare i mattoni faccia vista di splendide case antiche, della cattedrale, del battistero o gli antichi resti paleocristiani della basilica della Corte.
Al calar della sera rimangono le luci dei lampioni o la sfilza dei tanti ristorantini/bar ad illuminare ed animare le vie del centro.
La mappa dei tesori
La ciclabile segue di pari passo la strada regionale SR352, scorrevole e diritta come un fuso si dirige verso Aquileia, Terzo d’Aquileia, Cervignano e Strassoldo, 22 km tutti d’un fiato che tutti d’un fiato poi non sono.
Le soste si possono trasformare in periodiche occasioni per raccogliere e gustare more ed altra frutta di stagione. Quello che si pensa essere un piccolo centro di provincia in verità può trasformarsi nel più grande ed importante giacimento di resti d’epoca romana dell’Italia settentrionale, può vantare il più esteso pavimento musivo del mondo occidentale, può avere opere che nel complesso racchiudono più di mille anni di vicende storico-artistiche, in altri termini, può essere patrimonio UNESCO (Aquileia).
Aquileia antica è una meraviglia unica nel suo genere ma lo stupore che si prova nel trovarsi di fronte ad un borgo infinitamente piccolo ed immensamente bello e caratteristico come Strassoldo ha dell’incredibile.
Si è sentito dire spesso “Però non è bello come Strassoldo”, il mezzo di paragone per capire quanto fosse bella una cosa vista o vissuta sul tracciato della Ciclovia Alpe Adria.
Strassoldo, un piccolo gioiello
Difficile da localizzare sulla cartina.
Le case sulla strada sono cucite le une alle altre ma un profondo e netto taglio tra le abitazioni circoscrive il passaggio esatto.
Un grande arco introduce alla via dei Castelli.
Per quanto ambigua possa suonare questa scritta, è l’esatta indicazione di quello che vi si trova al suo interno.
La roggia attinge acqua limpida dal fiume Taglio e si incanala tra le pieghe del tempo, s’accosta al giardino del castello di Strassoldo di Sopra, si biforca all’altezza di un antico e squadrato mulino in pietra e termina il tragitto sul margine del castello di Sotto e del suo immenso giardino.
I due ponticelli hanno il compito di collegare la stradina acciottolata tra i due accessi del borgo.
Il bene più prezioso
A conti fatti l’acqua che viene trasportata in superficie non è che una minima parte di quella che realmente circola nella pianura friulana.
E’ capitato spesso di vedere zampillare incessantemente dell’acqua da canne di metallo infisse al suolo senza che vi fossero rubinetti a regolarne il flusso. Le canne vanno a pescare acqua pura di risorgiva dalla falda sotterranea (piuttosto superficiale in questo tratto di pianura) risalendo naturalmente in superficie.
La fortezza inespugnabile
Palmanova
Un altro breve balzo in avanti e ci si trova dinnanzi alla fortezza di Palmanova.
La città fu fondata dalla serenissima Repubblica di Venezia nel 1593 con l’intento di contrastare le scorrerie dei Turchi e le mire espansionistiche degli Asburgo d’Austria, possiede tre cinte fortificate e un tessuto urbano disposto su assi radiali. Il fatto di essere uno dei più importanti modelli di architettura militare di epoca moderna le ha permesso di ottenere il riconoscimento di Patrimonio UNESCO (2017).
La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno mentre la campagna non professa alcuna parola sull’arrivo tra le dune di terra della città, è veramente lei, imponente e così profondamente studiata nei minimi particolari com’è stata descritta.
La fortezza piomba davanti agli occhi in tutta la sua magnificenza ed altezzosità. L’ingresso monumentale di porta Aquileia è aperto e lascia passare liberamente a differenza di un tempo dove i due pesanti rastelli in ferro e quattro battenti in larice con borchie metalliche rendevano l’ingresso in città ancor più sicuro.
Per quanto particolare possa essere il tessuto urbano disposto su assi radiali e la gigantesca piazza Grande su cui si affacciano i più importanti palazzi storici veneziani (duomo Dogale, il palazzo del Provveditore Generale, la loggia della Gran Guardia, il palazzo del Monte di Pietà, il palazzo del Governatore delle Armi), è soltanto osservando la fortezza con un giro dall’esterno che si capisce effettivamente com’è fatta.
Palmanova – Udine
La Ciclovia Alpe Adria riprende a correre verso nord all’altezza di porta Udine oltrepassando la storica Roggia di Palma, il canale d’acqua che continua ad alimentare lo scavo del fossato attorno ai bastioni della città stellata.
La campagna prende nuovamente il sopravvento in un andirivieni di campi di granoturco e soia prossimi alla raccolta.
Spesso e volentieri si aggiungono al quadretto anche prodigiose e ben fornite siepi di prugnolo, alberi stracolmi di fichi e prugne Stanley ben maturi, elisir di lunga vita per i ciclo-viaggiatori più esigenti (di cibo).
Il percorso monta e smonta dalla SR352 ponendosi prima da uno poi dall’altro lato della provincia udinese andando ad intercettare alcuni piccoli centri abitati tra cui Tissano, paesino ricco di storia in cui si trovano ville agricole, padronali ed altre case di rilevanza storica.
La zona industriale e la vicinanza di strade sempre più trafficate fanno presagire un arrivo imminente della periferia e del centro di Udine.
Pancia mia fatti capanna
Questo tour cittadino, per come ha preso il via, ha tutta l’aria d’essere qualcosa di molto ricercato, vario e insolito.
Mi sembra di sentire le parole di chi dice che con la cultura non si mangia invece la cultura si mangia eccome, il cibo è cultura, rappresentazione di una società, gusto da assaporare e tradizione da vivere.
Tutto è a dir poco perfetto e sublime, a partire dalla location di un ristorantino (Osteria Alla Ghiacciaia) affacciato su un fiumiciattolo d’acqua limpida, coperto da un pergolato di glicine e al centro un maestoso albero di tiglio sino ad arrivare alle specialità dei piatti dai sapori tipici che esso porta.
Chi l’avrebbe mai detto che stando seduto ad un tavolo sarei riuscito a fare così tanta strada senza accorgermene, è come se fossi stato catapultato nei vari angoli della provincia tutto in una volta sola.
Sono corso a San Daniele del Friuli per assaggiare una fetta di Prosciutto di San Daniele (DOP) stesa su un letto di tagliolini e subito dopo ero già nella Carnia ad assaporare il Frico, cibo a base di formaggio di varie stagionature, patate e cipolla nonché piatto più famoso della tradizione culinaria contadina, il tutto accompagnato dai calici dei più nobili e strutturati vini che le colline friulane portano in grembo. La soddisfazione più grande in termini calorici e di dimensioni è la Gubana, dolce tipico della valle del Natisone a base di pasta dolce lievitata con ripieno di noci, uvetta, pinoli, zucchero, grappa, scorza grattugiata di limone.
Udine – La Venezia senz’acqua
Un crocicchio di strade s’intercettano nella storica Piazza della Libertà, sono gli assi viari principali e il cuore pulsante del centro storico.
In questo luogo sono racchiuse buona parte delle attrazioni storico-artistiche della città come Palazzo d’Aronco, Loggia del Lionello, il porticato di San Giovanni con la torre dell’Orologio e la fontana di Giovanni Carrara.
All’angolo tra Piazza della Libertà e la Loggia del Lionello è la via Mercatovecchio a destare interesse per il corridoio visivo degli importanti palazzi cuciti uno sull’altro. Udine viene anche detta la Venezia senz’acqua per la forte somiglianza d’alcune strade e, soprattutto in questo posto, la prospettiva gioca buoni scherzi ed è di facile associazione.
La cattedrale, Piazza Matteotti, la chiesa di San Francesco e il castello completano la visita.
Più che il castello in sé è il panorama ad essere impagabile.
Una balconata si affaccia sopra i tetti della città e lascia correre lo sguardo fino alla linea montana più distante.
Il territorio morenico orientale
Inizia la rocambolesca uscita da Udine e la ripresa effettiva della Ciclovia Alpe Adria (segnaletica assente o ambigua in molti casi e in molti tratti), seguita da una serie interminabile d’incroci e bivi da far cadere in errore anche il ciclo viaggiatore più navigato.
Le colline vengono abbozzate e da Tavagnacco in poi è un susseguirsi di salite e discese di varia modulazione.
Dalla dorsale più pacifica tra Treppo piccolo e Grande, alla veloce discesa della lussureggiante valle del torrente Cormor fino agli strappi più brevi e tosti di una salita per Leonacco.
Anche nel territorio morenico orientale esistono alcune sorgenti e fontanili che solitamente fanno emergere le loro acque ai piedi dei rilievi o nelle vallecole, nelle conche e nelle depressioni che caratterizzano la sua movimentata morfologia.
A Leonacco, in una piccola forra sul fianco della collina, si trova la famosa fonte temesade, sorgente di acqua purissima, benefica e dalle tante proprietà terapeutiche.
Ville signorili di bell’aspetto (Prampero, Sbrojavacca ecc…) se ne stanno in disparte ai lati della strada chiamandomi a sbirciare tra i misteri d’alte mura e cancellate in ferro battuto nella speranza d’essere intraviste nei sontuosi giardini.
Ville ma non solo.
Ai bordi del campo ad alzare un saluto c’è anche un piccolo insediamento rurale chiamato Borgo Saletti (merita una piccola deviazione) ove tra corti quadrangolari dimora di conti e sottoportici si custodisce la storia secentesca di uno tra i complessi più antichi di Buia e un famoso albero secolare di gelso.
Il fiume Tagliamento
Fiumi, canali e rogge alimentano la pianura all’uscita delle valli montane, due sono ben evidenti e si biforcano davanti al monte Palantarins, non vi è dubbio che una valle si tratti del fiume Tagliamento.
Mi prostro davanti alla natura dei grandi prati stabili e del bosco ripariale del fiume dove si respira una fantastica quiete e, in altra stagione, si assiste alla fioritura da coloratissime orchidee selvatiche durante la pedalata.
La fortezza d’Osoppo
La Ciclovia Alpe Adria sfila accanto al Colle di Napoleone minando la tranquillità appena raggiunta. A suo tempo la macchina infernale della guerra è passata di qua seminando morte e violenza.
La fortezza d’Osoppo è inerme e non mormora più svuotata della sua funzione.
Quello che per noi è un balcone panoramico rivolto sulla pianura o sui monti che fanno da cornice al Tagliamento era in realtà un’artiglieria pronta a fare esplodere le cannonate.
Sembra d’udire ancora il frastuono emesso dai cannoni del forte puntati sul monte Coer o sul ponte strategico di Braulins.
Le testimonianze storiche all’interno dell’area sommitale riguardano principalmente il forte, eccezione fatta per alcune orme fossili d’animali selvatici (rinoceronte, antilope e tre cavallini) risalenti a 4 millioni di anni fa (una rarirà mondiale) e l’impianto basilicale paleocristiano nello strato sottostante le fondamenta della settecentesca chiesa di san Pietro.
Il destino non ti guarda in faccia mai
Più fulmineo di una raffica di proiettili, più distruttivo delle bombe, i terremoti di forte intensità fanno più danni di qualunque altra cosa.
Gemona del Friuli è proprio l’epicentro di un terremoto devastante, passato alla storia come uno dei peggiori d’Italia in tempi moderni.
Il 6 maggio del 1976 la città non è la sola ad essere in ginocchio, con lei anche tante altre località in un raggio d’azione di 3500 kmq.
Gemona del Friuli
Occhi puntati su Gemona del Friuli, una delle più belle località storiche del Friuli Venezia Giulia.
Stesa in modo magistrale sul versante della montagna a nord-est d’Osoppo, fa da apri pista alle prossime località delle Prealpi Giulie.
La ricostruzione è impeccabile, quasi non si direbbe essere stata colpita da un violento terremoto eppure le immagini parlano chiaro.
Case aperte in due, muri sbriciolati al suolo, macerie e polvere ovunque, il 70% era andato in fumo.
Un grande lavoro è stato fatto, guardando i pannelli informativi e le immagini lungo il camminamento coperto della salita al castello è come se si potessero rivivere quegli attimi.
La torre dell’orologio semi distrutta, la navata sud del duomo profondamente lesionata.
Per fortuna la cittadina risorge e diventa uno dei principali simboli della rinascita della regione.
Venzone – Uno dei “borghi più belli d’Italia”
L’antico fascino di Venzone è racchiuso nelle sue pietre, le stesse che sono state posate di nuovo una dopo l’altra per l’esatta ricostruzione del borgo.
Il titolo di “borghi più belli d’Italia” è il premio per aver creduto nella diffusione della memoria di un favoloso patrimonio storico-culturale.
Le montagne della valle del Tagliamento si stringono attorno all’abitato e sono un’ulteriore difesa per la cerchia muraria che lo delimita.
Alcune porte presidiano gli accessi ma è nella vivace via Mistruzzi e nella piazza del Municipio che si concentra il maggior flusso di gente e di botteghe. L’assetto medievale permane ancora tra le vie del centro storico abbellito nel tempo da alcune facciate in stile rinascimentale.
La peculiarità che ha reso celebre Venzone al mondo intero sono le sue mummie, i corpi mummificati di alcuni defunti deposti in sepoltura nelle tombe del duomo tra il 1348 e il 1881.
Cinque mummie sono conservate nell’antistante cripta della cappella di San Michele e sono visibili al pubblico.
La valle del fiume Fella
La Ciclovia Alpe Adria rigetta le mire espansionistiche della viabilità veloce e fa di tutto per imporsi con brevi spezzoni di mulattiera, strade dismesse, a basso traffico e tratti di ciclabile per non incappare nella SS13.
Una curva a gomito ed il Tagliamento scompare alle mie spalle.
Nelle acque del fiume Fella scorrono le voci di tante persone diverse, anche le contaminazioni dei valligiani a ridosso del confine italo – austriaco.
Il profumo dei freschi prati d’altura all’ombra del Jef di Montasio o l’eco delle tante valli laterali che si gettano ambo i lati.
Sull’Alpe Adria può succedere veramente di tutto, può capitare di vedere precipitare un’impressionante cascata (cascata del rio Cjampeit) al di sotto di un viadotto per poi essere scambiati per treni che, anziché girare su rotaia, fanno girare le ruote della bici sul tracciato ferroviario riconvertito in ciclabile.
Chissà cosa mi è preso, è parso di trovarmi tra i boschi di conifere della valle tra Pontebba e Malborghetto ed immaginare note d’Alaska nel paesaggio o di aver preso parte ad un banchetto ristoratore alla vecchia stazione ferroviaria di Chiusaforte insieme a tanti altri ciclisti, l’Alpe Adria gioca brutti scherzi ma tutti con il loro fondo di verità.
La ciclabile sul vecchio tracciato ferroviario
La ciclabile comincia all’altezza di Moggio Udinese e a marce ingranate risale dolcemente la valle del fiume Fella seguendone fedelmente lo sviluppo fino a Camporosso.
Tunnel e viadotti ferroviari, tratti sopraelevati, addossati alla montagna o accanto al fiume, scorribande nei prati o al limite dei boschi della parte alpina sono solo alcuni dei più evidenti connotati.
Mani ben salde sul manubrio pronti a perdere bruscamente quota fino al paese di Tarvisio ed in misura minore fino al confine italo – austriaco.
I monti Lussari e l’orrido della Slizza sono eccellenze del loro settore, i primi svettano nel panorama di cime difendendo egregiamente il primato di rilievi più belli mentre l’ultimo è un favoloso precipizio dalle particolarità climatiche e vegetative entro cui scorre il torrente.
Entrambe le manifestazioni sono la degna conclusione visiva del tracciato su suolo italiano.
Austria
Ci sono voluti giorni per arrivare alla frontiera con l’Austria ed ora basta esitare.
Oltrepassato il confine è tutto un lungo scivolare sulla ciclabile accanto alla strada 83 laddove il traffico è abbastanza sostenuto, in alcuni momenti sarebbe bello svignarsela altrove ritornando alla quiete in mezzo ai monti.
Presto fatto, ci pensa la deviazione verso Erlendorf a far tornare il sole e a ridare un pò di brio al tracciato della Ciclovia Alpe Adria, è scavalcando il fiume Gail che ci si consegna alla natura di un’ombreggiata riva sterrata ricoperta d’alberi di pino o al più assolato e curato tratto asfaltato d’argine cittadino.
Sulla destra orografica del fiume Drava sorge la città di Villach.
La cura dei parchi cittadini e delle aiuole fiorite, l’ordine e la pulizia delle strade, le case dai mille colori e i palazzi di bell’aspetto, sono tutti segni distintivi di questa ed altre cittadine austriache.
La Carinzia.
Passaggio a nord ovest
La nuova direttrice rivolta a nord-ovest si preannuncia densa di nuovi punti di vista, pronta a ridare slancio all’avventura.
Monti fate largo alla Drava.
Il fiume s’esprime liberamente in base alla sua vera natura e prende a gironzolare da un lato all’altro del fondo valle come se niente fosse, tutto il resto sta alle sue dipendenze.
La maggior parte dei centri abitati rimane a debita distanza, sono i campi di granoturco e i verdi prati utili a foraggiare gli animali che hanno bisogno del suo intervento.
Le montagne lasciano correre e si pongono da interlocutori imparziali, succubi di una prospettiva che non li esalta, travolti dallo schiacciamento dei piani focali di una così diritta e lunga valle come questa.
Pendii boschivi e vallecole a ciclo continuo, lunghe dorsali sfilano accanto a ritmo cadenzato.
Il fiume è un fido compagno di viaggio, con lui non ci si annoia proprio mai e lo spettacolo è assicurato. Bisogna avere i riflessi pronti per doppiare ogni sua mossa anche a costo di dover fare ponte tra un argine e l’altro o di dover passare molto vicini al pelo d’acqua.
Parco Nazionale Alti Tauri
8 Chilometri in buca
In località Lurnfeld è il fiume Möll a fare da testimone lungo il percorso.
La strada è tracciata in direzione del Parco Nazionale dei monti Tauri.
La valle si restringe, le montagne si fanno più elevate e la pendenza della Ciclovia Alpe Adria inizia a dare i primi segni di un graduale aumento.
Una bellissima sorpresa attende sul ciglio del dosso di Obergratschach.
Le tante piccole casette in legno sparse nei prati della piana mi ricordano lontanamente il paesaggio altoatesino dell’altopiano di Siusi, non posso fare a meno di scattare qualche foto.
L’8 è un numero da cui stare lontani, è la sciagura del giocatore di biliardo e, quando coincide con la lunghezza di una salita, sono guai in vista.
La miglior difesa è l’attacco. Mallnitz è la buca e 8 sono i chilometri che precedono l’arrivo al traforo dei monti Tauri, vietato sbagliare.
Questa è la salita più impegnativa di tutta la ciclovia Alpe Adria.
I monti Tauri sono il confine naturale tra due regioni austriache, dividono la Carinzia dal Salisburghese e non c’è verso d’attraversarli se non con il treno OBB dedicato al trasporto di mezzi e persone che va da Mallnitz a Bockstein.
Il Salisburghese
Bad Gastein. Beata fra le acque.
Tutti in carrozza!
Fermata di Bockstein.
Fine dei servizio, durato il tempo d’un attimo.
Bad Gastein ha tutta l’aria d’essere il polo turistico più rinomato della valle Gastein. L’esempio lampante di come si può fare business partendo da quello che esiste già.
Nella splendida cornice naturale del Parco Nazionale degli Alti Tauri è bastato fare leva sulla successione di alcune meravigliose cascate per dare via alla cementificazione selvaggia di una serie smisurata di grandi fabbricati posti su vari livelli quali hotel, parcheggi coperti a più piani, centri commerciali, ristoranti e bar.
Una cattedrale nel deserto, stona tanto quanto un parco divertimenti nel bel mezzo di un silenzioso paesaggio naturale.
Adesso che, dopo tutti questi anni, il turismo sta cambiando mi domando se tutto questo era davvero necessario.
La Val Gastein e l’altopiano di Klamm
La ciclovia Alpe Adria ha pochi ostacoli davanti a sé, viene sospinta dalle montagne verso la pianura salisburghese. Ricerca il connubio perfetto uomo-natura nel più classico dei paesaggi alpini facendo incetta di tanti piccoli e caratteristici centri abitati, lascia che una lunga galleria lo introduca bruscamente sull’altopiano di Klamm quando invece è rimanendo in ascolto affacciati al bordo che si può riconoscere l’inconfondibile vociare del fiume Salzach o il richiamo di vertiginose pareti rocciose nel gruppo dell’Hochglocker.
La valle del Salzach
Se a Salisburgo vuoi arrivare dal Salzach devi lasciarti trasportare.
Ancora una volta è un fiume a guidare le sorti della ciclovia dell’Alpe Adria.
Chi più e chi meno sono tutti coinvolti nel suo corso. Schwarach im Pongau, Sanktt Johann im Pongau, Bischofshofen, Golling an der Salzach e Hallein sono i principali centri abitati.
Quello che io vedo si può tradurre in un bellissimo paesaggio da cartolina fatto di verdi colline e da monti impressionanti come quelli che si ergono diritti verso il cielo azzurro nel gruppo del Tennen.
Castello in vista!
La fortezza di Hohenwerfen si trova in cima alla rupe di Werfen, si palesa in tutta la sua grandezza già da diversi chilometri di distanza, nella sua luminosa veste sembra voler incarnare le rocce dei monti Tennen che la sovrastano e, per quanto minacciosa e impenetrabile possa risultare, è pronta a far rivivere la gloriosa storia tra stanze (alcune allestite in mostra) ed ambienti perfettamente conservati.
Rush finale
La calda luce del tramonto rende omaggio alle fantastiche forme dei monti Tennen quasi fosse un invito a restare senza considerare la velocità con cui avanza il buio nella gola del Salzach, la stessa velocità con cui si varca l’uscita venendo così scagliati a ridosso di Golling An der Salzach.
Diciamo addio alle montagne e salutiamo le dolci colline che conducono a Salisburgo e alle porte della pianura.
Il passo è breve ma è ancora possibile sostare qualche attimo sui tratti più distintivi della città di Hallein o in quelli del castello di Hellbrunn dove si rimane piacevolmente colpiti dai padiglioni e dalle grandi aree verdi, dai giochi d’acqua o dalle fontane.
La ciclovia Alpe Adria è un brivido che vola via, rimane solo un grande e lungo filare di querce secolari a distogliere l’attenzione dalla rupe del castello e dall’effettivo contatto con la città di Salisburgo.
Salisburgo
Salisburgo viene dipinta da molti come un “salottino” di encomiabile bellezza ed eleganza, non per niente viene identificata come la “perla d’Austria”.
La città in perfetto stile Barocco ammaglia il visitatore per la ricchezza d’opere d’arte e la sontuosità di certi accorgimenti/abbellimenti.
I palazzi, le fontane, le chiese, addirittura i giardini ne sono la riprova.
Anche l’occhio vuole la sua parte e state pur certi che a Salisburgo l’avrà.
Adoro sostare a lungo sulle sponde dei fiumi, in alcune città si ha una panoramica e un quadro d’insieme davvero unico. Il mio consiglio è quello di godere al più a lungo possibile della vista sullo skyline cittadino e di iniziare a vagare senza meta precisa all’interno delle due zone del centro storico. Potete scegliere di farvi impressionare dall’imponenza del Duomo e delle piazze disposte attorno oppure andare ad ispezionare i luoghi meno conosciuti, finireste per incappare ugualmente in una delle tante vie adornate di bei palazzi settecenteschi o di fronte ad una delle svariate chiese cittadine. Potete salire a piedi al castello e godere di una magnifica vista panoramica sui tetti della città oppure spostare la vostra attenzione su