GIRO DEGLI ALTOPIANI D’ABRUZZO IN BICICLETTA
Intro
Nessuna pubblicità ingannevole potrà mai emulare quell’irresistibile piacevolezza che si prova nell’addentrarsi personalmente al cuore pulsante d’Abruzzo.
Può accadere di trovarsi in mezzo ad un passaparola di racconti talmente vorticoso e fluido da essere trascinati via con esso, sono gli ultimi viaggiatori che registrano il loro passaggio e lasciano testimonianze incredibili della cronistoria abruzzese.
1) Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
2) Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
3) Parco Naturale Regionale Sirente-Velino.
4) Parco Nazionale della Majella.
Dati di viaggio
Bici consigliata: ciclo-cross/meglio Gravel-MTB.
Giorni in viaggio: 10.
Km percorsi: 550 circa.
M dIslivello +: 7000 (solo bici) circa.
M dislivello +: 3000 (solo piedi) circa.
Difficoltà: medio-difficile.
Modalità pernotti: mista (tenda o struttura).
Abruzzo – State of mind
Questo comparto appenninico è una delle realtà più ricche e belle di tutto lo stivale.
Basta solo pensare che nella provincia dell’Aquila s’annovera la maggior concentrazione di gruppi montuosi. Un vero e proprio paradiso terrestre ricchissimo di habitat, natura e storia.
Il solo potere immaginifico trasmesso dal fantasticare su questi luoghi è in grado di catturare l’essenza celata di queste montagne e dare vita ad incredibili itinerari.
Dovrei riconsiderare il termine “fuorviante” e metterlo in discussione siccome penso che significati come sviare/allontanare dal vero/mettere fuori strada possano giovare all’idea che mi sono fatto di questo viaggio in bici. In quest’ottica ben venga il termine “fuorviante”. Il più delle volte attuato in formato semplice di viaggio mentale tra le sensazione sovrastanti di uno stato d’ebbrezza legato all’immaginazione. Attuato anche dal lato pratico nella scelta di percorsi secondari a basso traffico veicolare e il più possibile solitari/immersivi nel mondo circostante.
Giurarsi amore Aterno
La Conca Peligna
Promettersi amore è più facile quando a giurarselo sono da tempo immemore le acque di due fiumi in località Popoli.
Le acque dell’Aterno (amore :P) si gettano in quelle della “Riserva naturale sorgenti del Pescara” divenendo una cosa sola.
Un legame indissolubile profuso in tutta la valle/Conca Peligna in quanto reminiscenza di un antico e vasto lago in età preistorica.
La civiltà si culla crescendo accanto alla presenza dell’antico popolo italico dei Peligni.
Testimonianze uniche che muovono il turista lento alla scoperta d’itinerari tematici segnati (Percorrendo le terre dei Peligni, Il Cammino dell’apostolo Tommaso) o alla visita di carattere storico-culturale di abbazie (Santo Spirito al Morrone), templi (Ercole Curino) ed eremi (Sant’Onofrio).
I canali derivatori e il fiume Sagittario rappresentano l’ago della bilancia per potersi indirizzare nell’esplorazione di alcuni boschi planiziali, attraverso coltivazioni e vegetazioni ripariali.
Una schiera d’alte montagne cinge la Conca Peligna verso nord-est aggiudicandosi la protezione del più altisonante dei monti.
La Majella (montagna madre per gli abruzzesi) osserva e sorveglia sommessamente ogni singolo movimento nella valle così come i ruderi del castello di Roccacasale sulle pendici del M. Morrone e i guardiani alati dei cieli (grifoni e gipeti che nidificano nelle vicinanze).
Il medio corso del fiume Aterno
Il pianoro cede il passo alla salita. Funge da preambolo per quelle che seguiranno sino ad arrivare all’altopiano di Campo Imperatore, per metterle a segno bisogna passare in rassegna alcuni altopiani carsici di suggestiva bellezza.
Il medio corso del fiume Aterno si sviluppa nella parte sud occidentale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e può essere annoverato tra i più fiorenti e ricchi di storia dell’intero Abruzzo.
Questo territorio è da sempre considerato come il naturale collegamento tra la Conca Aquilana e la Valle Peligna transitando per l’Altopiano di Navelli e Collepietro.
L’attività transumante
I primi segni di una costante frequentazione umana delle terre alte si ebbero con lo svolgimento dell’attività transumante delle greggi al pascolo. Soprattutto in Puglia e Molise andava affermandosi la pastorizia e la necessità di portare le bestie sui pascoli freschi ed erbosi durante la stagione estiva.
Questa pratica diede impulso alla scoperta dei territori abruzzesi che, seppur lontani e disabitati, rappresentarono una fonte di sostentamento per molti popoli italici.
Nascono i cosiddetti percorsi tratturali (link al viaggio in Molise) al centro-sud della penisola, vere e proprie vie di comunicazione e commercio all’origine di una lunga frequentazione durata nei secoli.
Il tratturo Aquila – Foggia
Nella media valle dell’Aterno è stabile l’occupazione dei Vestini (popolo italico VI sec. a.C) sino all’arrivo e alla presa di potere della civiltà romana (interessata ai traffici commerciali).
Lo stesso tratturo Aquila – Foggia (link sito tratturi) è fonte di profitto per l’antica Roma che può continuare a gestire stazioni di posta e insediamenti Vestini (l’antica città di Peltuinum), attuando riassetti territoriali è in grado di gestire al meglio lo sfruttamento agricolo e la regolamentazione del transito greggi.
L’ascesa economica sulla Via degli Abruzzi
In valle cresce il fermento con l’avanzare dei secoli. Il percorso tratturale viene rafforzato dall’arrivo di una via di comunicazione d’epoca Romana (Via Claudia Nova 47 d.C.) posta a collegamento tra le direttrici marittime della Via Claudia Valeria e la Via Cecilia.
Popoli, sorta su quest’ultima, viene denominata la “chiave dei tre abruzzi” per l’intensa attività commerciale.
Le invasioni barbariche provocano una battuta d’arresto alla crescita economica del territorio che riprende a correre per quasi tre secoli a partire dalla metà del 1500 con la fiorente Signoria di Firenze.
La produzione e il commercio della lana grezza di “Carfagna” nei territori del Gran Sasso d’Italia (Baronia di Carapelle) viene vista con interesse dai Signori di Firenze che possono venderla in tutta Europa ed arricchirsi, al pari delle fruttuose corrispondenze (Via degli Abruzzi) avviate con la capitale del Regno di Sicilia (Napoli).
Ultima ma non meno importante è l’opera capillare degli ordini monastici. Determinante per l’aumento delle terre coltivabili e per la nascita/consolidamento dei borghi fortificati, necessarie per il ripopolamento delle campagne anche in quota.
Altopiani e borghi. Uno per tutti, tutti per uno
Altopiani
L’archetipo di un salitone abruzzese comprende l’estasiante ripetizione di altopiani lucenti posti a diversa quota e la diffusione capillare al suo interno di borghi storici d’incredibile bellezza.
Scacco matto alla meraviglia mentre porta a conoscere questo incredibile patrimonio storico-artistico e culturale all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Bisogna rivoltare come un calzino i plateau sommitali per sapere che sono conosciuti per la pregiata produzione dello zafferano dell’Aquila DOP (altopiani di Navelli) o per la produzione di patate, legumi e di famose lenticchie (Piana di Presuta).
Campo Imperatore e Rocca Calascio sono il biglietto da visita della regione Abruzzo, rimasti impressi nelle pellicole cinematografiche dei più famosi film western o nella mente visionaria di chi ebbe la presunzione di soprannominare questo luogo con il termine “Piccolo Tibet”.
Borghi
Catapultarsi istintivamente sulla sommità di un borgo disposto a nido d’aquila (Santo Stefano di Sessanio), apprezzare le forme geometriche piramidali sull’intero versante assolato di una collina (Navelli, Castel del Monte), sono elementi visivi sufficienti per comprendere come sia nato il nucleo abitativo in epoca medievale.
Castelli divenuti palazzi baronali (Navelli) o antichi presidi di torri normanne e medicee (Santo Stefano di Sessanio) spazzati via dagli ultimi terremoti.
Borghi accresciuti nella bellezza dell’inconfondibile stile rinascimentale fiorentino (quelli della Baronia di Carapelle: Castelvecchio Calvisio, Castel del Monte ma sopratutto S. S. di Sessanio) che gli ha permesso di essere annoverati nella lista dei borghi più belli d’Italia (Castel del Monte, S.S. di Sessanio e Navelli). Ciò avvenne in seguito all’abbandono progressivo della funzione militare perpetrata dalle numerosi torri di controllo (per esempio Rocca Calascio) atte a garantire la sicurezza dai nemici e il controllo dei traffici commerciali (transumanza in primis).
Il piacere più profondo sta nel raccogliere il silenzio di un bosco su una strada semi-deserta (SP 8) all’ingresso del Piano Buto o nell’atteggiarsi ad uccello in volo lungo una discesa ardita in vista del prossimo pianoro (Piana di San Marco).
L’intorno sembra una danza di colli gibbosi color ocra stagliati contro il cielo e dominati dall’inconfondibile mole del castello di Rocca Calascio.
L’unico vero ostacolo al tuo successo sei tu
Stivata nei bagagli c’è un’irriducibile voglia di farcela, superare gli ostacoli e qualche limite, arrivare a segno.
Campo Imperatore è per l’appunto il primo vero segno indelebile, il primo sogno che si avvera, la piana perfetta. Diciotto lunghi chilometri da assaporare lentamente fino all’ultimo batticuore.
Mi rendo realmente conto delle sue dimensioni salendo sulle montagne (Monte Camicia, Corno Grande).
Così facendo improvviso escursioni sulle cime più belle del comprensorio ed avanzo in bici.
I ricordi indelebili sono anche gli incontri conviviali attorno ad una tavola calda (Rifugio Duca degli Abruzzi, Rifugio Lago Racollo), spontanei come quelli con le mandrie, i camosci del Monte Camicia e le greggi di pecore guidate al pascolo.
Amici come prima
Il tratturo Aquila – Foggia rimane fedele alleato di viaggio distaccandosi dalla SS17.
Un notevole salto di qualità che vede protagonista la storia vestina (Peltuinum) e gli anfratti più belli del medio corso della Valle Aterno.
Numerosi sentieri popolano le alture della Conca Aquilana e districarsi diventa quasi un’arte che permette di puntare dritto al capoluogo di provincia (l’Aquila).
E’ un processo che richiede l’attraversamento di luoghi bucolici del tutto anacronistici dove boschetti, insenature e spazi aperti poco urbanizzati fanno perdere il contatto con la realtà.
Mini tuor a l’Aquila
Alcuni villaggi della conca aquilana partecipano alla fondazione a l’Aquila alla metà del 1200 (dominio Angioino). Iniziano così i lavori che porteranno l’Aquila a diventare la significativa città che è oggi.
E non importa quante volte possa cadere, il destino dell’Aquila è quello di rialzarsi e volare.
Basta varcare la soglia del centro storico per rimanere piacevolmente colpiti dalla vivacità di una città dal destino tutt’altro che segnato.
Una città dove si respira il pieno fervore della rinascita ma che porta ancora le cicatrici di un triste passato.
Posso dire di essermi fatto guidare dal piacere della scoperta, anche solo per lo stupore improvviso lasciato da alcune opere immense come possono/può essere il forte spagnolo nel punto cittadino più alto o la tomba delle reliquie di San Bernardino da Siena nella basilica a lui dedicata.
Mi sono avventurato tra i palazzi storici dei quartieri più periferici fino ad arrivare ai centralissimi Corsi (Vittorio Emanuele e Federico II) che tagliano in due il tessuto urbano secondo l’asse nord-sud.
Un’esperienza diretta che mi ha portato ad incontrare Piazza del Duomo, spazio condiviso a metà tra la sua cattedrale (San Massimo) e la chiesa di Santa Maria del Suffragio (simbolo della ricostruzione settecentesca della città nonché incarnazione del nuovo gusto barocco).
Concludo il mio mini tour cittadino uscendo da Porta Bazzano e indirizzandomi alla celebre Basilica di Collemaggio.
Il segreto sta nel sapersi rapportare – Altopiano delle Rocche
L’affanno aumenta quando la salita incalza, incessante ed ostinata come sanno essere quelle per gli altopiani.
L’asfalto e i tornanti agevolano la progressione nei punti critici.
Il traffico veicolare e la calura estiva diminuiscono con l’aumentare degli svincoli e della quota.
L’impegno fisico è cosa di poco conto se paragonato al silenzio irreale di una strada pressoché deserta (SS5) in cui fare naufragare il ritmo cadenzato dei pedali e dei pensieri lievi che popolano la mente.
Libero le endorfine a contatto con l’altopiano delle Rocche.
Contraggo quello stato d’euforia tipicamente legato all’uso della bici, ingigantito dall’atmosfera quiete del pianoro, ripulito dal manto erboso del tutto privo d’alberi e punteggiato da un’infinità di balle di fieno.
La realtà aumentata
Posso dire d’avere tra le mani la realtà aumentata tanto è forte la percezione di tutti e cinque i sensi raccolti ad osservare le particolarità di questo ambiente.
Gli spalti rocciosi del monte Sirente si gettano a strapiombo verso valle chiudendo la scena a sud come fosse una quinta scenica.
L’altopiano è il risultato di un lento modellamento operato dai ghiacciai(non più presenti) d’epoca mesozoica.
A sua volta si compone di tre pianori minori (Piana di Ovindoli, Campo di Rovere, Prata di Rocca di Mezzo) cosparsi di doline, inghiottitoi e grotte di natura carsica da cui fuoriesce l’intera acqua meteorica dell’area.
Acqua chiama spartiacque
Acqua chiama spartiacque (località Rovere).
Bene rappresentato dal confine aquilano (nord) e marsicano (sud). Sottolineato dal territorio dei Vestini (nord) e degli Equi/Marsi (sud).
Incastonato tra le dorsali del monte Velino (nord-ovest) e del monte Sirente (sud-est), tuttora insigni del titolo di Parco Regionale Naturale Sirente-Velino.
Lo spartiacque è talmente efficace da stabilire persino a quale mare (Adriatico/Tirreno) verrà destinata l’acqua meteorica.
Altopiano di Campo Felice e Piano di Pezza
Sento chiamare dai piani superiori, è la felicità che dovrei provare a raggiungere.
Bisogna inseguire i sogni, costi quel che costi.
Campo Felice e il Piano di Pezza sono l’ultima declinazione d’altopiano possibile ed immaginabile, il gradino più alto dell’ascensione.
Saltare di gioia a Campo Felice equivale a non stare più nella pelle al Piano di Pezza.
Emozioni simili per due piane diverse tra loro.
A Campo Felice sono al settimo cielo e siedo su un prato a contemplare, mentre al Piano di Pezza preferisco scaraventarmi in un gravel spaventosamente esaltante fino al fondo della valle.
Semplice e spassoso che merita solo d’essere accompagnato da un magnifico panorama di cime.
Per esprimere la mia gratitudine verso il creato scelgo d’avventurarmi a piedi sui sentieri segnati (sentiero CAI 1) del Parco Regionale Naturale Sirente-Velino e muovere i passi tra colli, cime selvagge e anfiteatri rocciosi. Essi mi porteranno a dominare il territorio marsicano dall’alto dei 2486 m s.l.m. del monte Velino.
La Marsica – Alba Fucens e il Lago del Fucino
Il paese di Rovere è la porta verso questo nuovo ambiente. Spinto al massimo dallo splendore di una strada forestale che scivola via inosservata tra le pieghe e le balconate panoramiche del monte Freddo, approdo per le pianure marsicane.
Alla luce dei reperti storici rinvenuti nell’area è possibile considerarlo abitato da Marsi, Equi ma soprattutto Romani.
La capillare espansione della civiltà romana, a danno delle locali popolazioni italiche, ha portato alla fondazione di colonie romane (Alba Fucens, gioiello archeologico abruzzese) fedeli all’Antica Roma e alla creazione d’opere d’ingegneria idraulica legate al prosciugamento dell’antico Lago del Fucino.
L’acume e l’intuizione dimostrata dall’imperatore Claudio (Cunicoli di Claudio I sec. d.C., tuttora visibili) prima e dal principe Alessandro Torlonia poi (metà ottocento, riutilizzo e ampliamento delle opere romane: Incile, canale collettore, l’emissario e i Cunicoli di Claudio), hanno permesso al Fucino di diventare un luogo salubre e sicuro per la crescita economica dei borghi rivieraschi.
Le Gole di Celano
Hai mai sentito parlare delle gole di Celano?
Un luogo maestoso fatto di pareti rocciose vertiginose che possono essere ammirate solo passeggiando con il naso all’insù sul fondo eroso del greto di un corso d’acqua, lo stesso che ha compiuto la millenaria opera d’erosione di questo canyon!
La visita è un’esperienza unica che porta ad osservare le varie sfaccettature di questo ambiente selvaggio ancora inviolato dalla mano dell’uomo, rimasto avvolto dall’autenticità e dalla tranquillità originale.
La Piana del Fucino
Con questo presupposto si gettano le basi per l’avvenire di un futuro florido basato sull’agricoltura (vocazione orticola con eccellenze agroalimentari legate alla coltivazione della patata e la carota del Fucino IGP) ed i traffici commerciali, interessato dalle controversie territoriali legate ai diversi infeudamenti.
Strade, carrarecce e canali suddividono le terre della Piana del Fucino in modo ortogonale ed estremamente pratico per i possidenti terrieri.
Solcare la SP20 in sella al proprio destriero d’acciaio è motivo di scoperta per l’incredibile varietà colturale distribuita nei campi. Speciali macchinari piantumano le colture orticole a destra e a manca di un suolo brullo mentre, al capo opposto della strada, un gruppo di operai raccoglie cavolfiori maturi, parola d’ordine: diversificare.
Premo il piede sull’acceleratore sgattaiolando sulle meno comuni strade di campagne, infine ridotte allo stadio di carrarecce, strade bianche o sentieri misteriosi.
Resto appeso in questo limbo ai margini della strada Circonfucense.
La Valle Giovenco
Segnali di cambiamento arrivano allo sbocco del fiume Giovenco dove la sua presenza allieta il viandante in transito da Pescina, stretta nella morsa di un passaggio naturale che decide l’ingresso nell’omonima valle.
Annunciata dalla schiera dei monti del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la Valle Giovenco è un concentrato di natura e storia terribilmente affascinante da non smettere mai di stupire.
Viene servita raso terra sulle acque limpide e cristalline del fiume per poi divenire taciturna nei traversi a mezza costa.
Il solleone batte sulla destra orografica come il martello sull’incudine.
A ritmo cadenzato si posa lo sguardo sui piccoli e graziosi borghi (Ortona dei Marsi, San Sebastiano dei Marsi e Bisegna) che intercorrono sulla SP17 gironzolando tra irte stradine, piazzette curate o idilliache balconate panoramiche.
L’anima del parco sono gli animali che lo popolano e, a giudicare dall’ambiente così sano e bene conservato, è facilmente intuibile la presenza di una ricca fauna selvatica legata al territorio e che annovera la presenza, tra le tante specie, anche di quella del lupo e dell’orso bruno marsicano (specie endemica di straordinario valore).
Comunicante come la Valle Giovenco
La valle Giovenco è tutto questo e molto altro tant’è che ha rappresentato per secoli un’importante via di comunicazione tra Fucino ed alto Sangro.
La frequentazione è testimoniata in primis dalla presenza d’antichi insediamenti d’epoca preistorica e romana vicino al fiume, in seguito abbandonati per il neo-nato bisogno strategico di controllo ed osservazione territoriale attuato dai nuclei/borghi fortificati posti in altura (gli attuali descritti).
Una valle influenzata su due fronti dove a spartirsi le terre sono Marsi, Peligni o Sanniti (V-IV sec. a.C.), conti e contee in epoca medievale.
L’alto Sangro
Una forcella tiene in saldo la Valle Giovenco senza troncare sul nascere un altro importante fiume, il Sangro.
Il parco nazionale si allarga a macchia d’olio sui monti marsicani, dentro e fuori l’Abruzzo.
La forza di gravità è una bella cosa quando si pedala in discesa.
Mi precipito in caduta libera sull’unica strada di fondovalle, l’unica e sola che per tanti chilometri (SS83) rimane a ridosso del fiume Sangro fino al lago di Barrea e alle gole del Sangro.
I piccoli centri abitati (Pescasseroli, Villetta Barrea, Barrea) si animano per il turismo che li tiene in vita.
Botteghe d’artigianato creativo, negozi di souvenir, bar, ristorantini, negozi di noleggio bici, visite guidate e bearwatching nel Parco… c’è davvero tutto per una vacanza all’insegna della tranquillità e della vita all’aria aperta.
Il confine tra uomo e natura è talmente sottile da consentire di trovare animali selvatici in giro per il paese, nei giardini delle case e nei campeggi (Cervi, è capitato… bellissimo!).
Un parco tira l’altro
Un parco tira l’altro! Basta collegarli con la ciclabile del fiume Sangro (Villa Scontrone – Castel di Sangro), aggiungere qualche tratto di strada provinciale a basso traffico e il gioco è fatto.
Questa sarà l’occasione irripetibile per mettere a segno un successo dopo l’altro targato “giro degli altopiani d’Abruzzo”.
Il Parco Nazionale della Majella e gli Altopiani Maggiori d’Abruzzo (Piano Aremogna, altopiano delle Cinque Miglia, altopiano Grande e Quarto di Santa Chiara) danno il benvenuto tra le stazioni turistiche dei comuni di Roccaraso, Rivisondoli e Pescocostanzo lasciando senza fiato il visitatore.
Potrei ma non posso
Il viaggio degli altopiani d’Abruzzo volge al termine.
Potrei ancora esaltare quell’ultima luce del tramonto che illumina la barriera di monti raggruppati sotto il nome di Majella, raccontare di una ferrovia sospesa nel vuoto in località Campo di Giove (Transiberiana d’Italia, ferrovia Sulmona-Isernia), questa è un’altra storia.
Il bello è che ognuno di noi è unico come uniche e personali sono le esperienze che vive, basta imprimerle nei ricordi e sperare che rimangano ben custodite.
“Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di vivere deriva dalle nuove esperienze”.
Pedala e sii felice.
FINE
Bellissimo tour e magnifico commento! Complimenti. Ci piacerebbe molto provare a ripercorrerlo quest’estate dormendo in strutture per evitare il peso della tenda. Hai suggerimenti di tappe e posti da fermarsi oltre alla traccia GPS?
Ciao Roberto, Grazie per l’interesse!! L’Abruzzo è una terra bellissima e sono sicuro che tornerò prima o poi perché ho già un paio di idee che vorrei realizzare in futuro. Al di là dei dislivelli e dei chilometri che dicono tutto e niente, con la dovuta calma e la bici adatta penso che chiunque possa farcela a godere di questo itinerario, magari semplificandolo un minimo ma senza doverlo per forza stravolgere.
I luoghi d’interesse dell’itinerario sono indicati nella mappa, ci sono praticamente tutti, se dovessi aggiungerne qualcuno un pò più distante e fuori traccia ti direi: grotte di stiffe, sito archeologico Amiternum, ma credimi che c’è già un sacco di roba da vedere anche così! 🙂
La divisione in tappe è molto soggettiva, dipende da tanti fattori e potrei rischiare di darti suggerimenti sbagliati.
Posso dirti che ci sono strutture ricettive un pò dappertutto sul percorso, in quantità diverse, più l’area è popolata e più strutture trovi. Sull’altopiano di Campo Imperatore ci sono tre strutture: una a Campo Imperatore, una a metà (rifugio di Lago Racollo) e un’altra a Fonte Vetica.
Nei seguenti tratti troverai poche strutture ricettive
. Pescina – Pescasseroli
. l’Aquila – Rocca di Cambio
. ritorno a valle da Campo Imperatore
Per qualsiasi domanda scrivimi pure quando vuoi 😉
Buon viaggio!
Leonardo
Intenso, estremamente piacevole, vivo. E non perché ero lì anch’io in bicicletta in quei giorni, ma per la tua meravigliosa tenacia nell’appiccicarti addosso ogni storia che hai vissuto e per la tua sana voglia di raccontare e condividere raggi di sole, raggi della bici, metri di dislivello, rocce, pasti, sorsi di vita. Bravo Leonardo. Spero di leggerti sulla carta stampata un giorno. – Fulvio
All’improvviso arriva un messaggio di Fulvio, E’ un grande piacere riceverli! Mi lasciano sempre di stucco.
Impiego molto tempo a scrivere in questo modo ma quando vedo il lavoro finito sono molto contento…come quando leggo questi messaggi.
Ti ringrazio per avermi restituito le tue sensazioni.
Spero di poter-mi/ti dare questa soddisfazione un giorno.
😉