Introduzione
La notte si prende quello che vuole.
Monto su una corriera che nel giro di poco tempo sarà inghiottita dal buio.
Qualcuno la rischiara dandole un barlume di speranza, sono le sparute case di un borgo che sfida selvaggiamente la notte agguantandola come può. Arrivano solo scarse e frammentate immagini di quello che sta succedendo. L’alta e fitta siepe mi ostacola lo sguardo tagliandomi fuori dalla scena. Tutt’al più mi specchio nei vetri dell’abitacolo dove la luce è fioca.
L’autista sembra arrovellarsi sulla strada di fondo valle aggiustando incessantemente il tiro.
Viene annunciato il capolinea, sono arrivato a Bobbio.
Un ringraziamento particolare al mio compagno di viaggio Giovanni.
DATI TECNICI
Lunghezza: 140 km
Dislivello: 4560 m
Inizio —> fine: Bobbio —> Pontremoli
Fondo: 85% fuori strada
Difficoltà: escursionistico
Giorni di cammino: 6
Bobbio, l’abbazia e San Colombano
Bobbio è oltremodo ricca di beni culturali d’inestimabile valore e l’abbazia di San Colombano è il fulcro di questa millenaria stratificazione d’arte e storia.
Nel più piccolo degli ambienti si cela la più grande delle bellezze. Un pavimento musivo del XII sec. asserito all’interno della cripta, vengono rappresentati temi biblici, animali mitologici e un’ampia sezione dedicata alle immagini del Tempo.
Il grande sarcofago marmoreo di San Colombano è custodito a centro sala, un timore riverenziale mi scuote.
Il santo irlandese che ha dato vita ad una delle comunità monastiche più importanti d’Europa (612 circa) è lo stesso che si è fatto strada attraverso gli appennini del nostro stivale per giungere a Roma (a piedi ovviamente), il cuore della cristianità.
La popolarità della direttrice appenninica
Quello di San Colombano non è un caso isolato.
La direttrice appenninica è molto seguita già dagli inizi dell’età longobarda.
I sovrani longobardi se ne servono per motivi civili e militari, i monaci e gli abati di Bobbio per i necessari contatti con la corte regia di Pavia e con la curia papale di Roma.
Inoltre il cammino è frequentato dai pellegrini europei in viaggio devozionale verso Roma, deviano a Bobbio per venerare il grande Taumaturgo e padre del monachesimo occidentale. La Via degli Abati ricalca, il più fedelmente possibile, il percorso storico della direttrice appenninica tra Bobbio e Pontremoli per un totale di 140 km, ultimabile in 5/6 tappe a piedi.
Alla scoperta di Bobbio
Pazza notte amala
Mai mi sono lasciato sopraffare dalla notte se non per approfittare della pace e della poesia che in essa si cela. Mi aggiro tra i vicoli di Bobbio con fare furtivo e senza un costrutto in mente. Il borgo è affascinante, enigmatico, intriso di storia, cultura ed arte. Tutto tace, è ancora buio, lo stesso buio di ieri sera meno una dominante di colore blu scuro proveniente dal cielo di levante.
Un gatto è incuriosito dalla mia presenza, mi spia da dietro la tenda della porta finestra posta al primo piano.
Bellissime case in pietra e un ancor più bel portichetto con colonne basse e tarchiate, danno l’idea di solidità al pari dell’antico castello che svetta sovrano sulle anime di questo borgo.
Incappare nella Contrada di Porta Nuova è un gioco da ragazzi. Schiere di botteghe di ogni sorta s’affollano lungo la via sino ad arrivare in piazza Duomo.
Mi lascio sedurre dal cielo stellato dipinto tra le volte della cattedrale, quasi non bastassero quelle che ho appena lasciato fuori ad aspettarmi.
E luce fu…
Mi dirigo altrove per un’ultima sbirciatina tra palazzi e abitazioni storiche.
Il controluce mostra l’insegna in ferro battuto riccamente decorata recante la scritta “ALLA PAOLINA”, l’antica locanda all’angolo con il palazzo municipale.
Un misero alberello soffocato dalla pavimentazione stradale dell’antistante piazzetta di Santa Chiara si prende gioco dello spazzino comunale continuando a gettare foglie a terra ad ogni sbuffo di vento.
Mi calo nei panni del pellegrino e scendo al fiume Trebbia per dare inizio alla Via degli Abati.
Le irregolarità e le gibbosità del ponte Gobbo si svelano dalla lontana, manca l’effetto sorpresa ma è pur sempre una meraviglia assoluta.
Il ponte d’epoca romana dalle undici arcate ad altezza diseguale ha la fama d’essere l’attrazione storica più fotografata di tutta Bobbio.
Tabula rasa
Taglio i ponti con la civiltà ed entro felicemente in un mondo naturale fatto di sfumature di colore, suoni, scorci evocativi a non finire e panorami inenarrabili.
Faccio tabula rasa per non rimanere imprigionato nelle mie convinzioni, vado maturando una nuova visione delle cose.
Il mondo naturale che avrò davanti agli occhi da qui in avanti sarà tutt’altra cosa rispetto quello cui sono stato abituato, mi sembra veramente al limite dell’impossibile, è immenso, inviolato, a scanso di equivoci è natura selvaggia e non sarà semplice farne parte.
Vite al limite
Lo sanno per primi quelli che vi abitano.
Case e cascine sfidano la solitudine di qualche cresta o del più riparato versante, consapevoli della loro condizione disagiata. Il tempo le corrode e la furia degli elementi le scalza via prima che possano dirsi salve. Assoldare cani liberi o nei recinti non le terrà lontane dal loro destino segnato.
All’ingresso dei piccoli borghi l’aria è spettrale e il silenzio regna sovrano, è sufficiente fare un passo falso o l’essere visto per rompere la quiete ed innescare un divampante frastuono di animali che lanciano versi d’avviso agli altri in un’incessante reazione a catena. Il guaito di gruppi di cani in gabbia, le anatre starnazzanti in giardino, il cavallo che nitrisce o s’agita nella stalla. Un’ouverture di suoni e vivacità che non trova seguito tra le mura dei borghi.
…
Qualcuno s’affaccia dalla propria abitazione o esce in terrazzo, è gente dal portamento mite e per lo più anziana che ha tutta l’aria d’aver trascorso qui la propria esistenza, all’opposto di quelli che vengono alle seconde case per cercare un po’ di quieto vivere nel poco tempo libero.
Il mondo è bello perché vario come le abitazioni che si trovano sulla Via degli Abati, dalle più antiche alle più recenti, si consumano critiche ed apprezzamenti, i gusti sono gusti. Case allo sfacelo, restaurate, curate e perché no, anche nuove, tutte accumunate dalla stessa sorte, strette nell’abbraccio fraterno sanno di non scampare alle bombe dell’abbandono.
I veri silenzi, la vera natura, i veri uomini
I veri uomini
L’appennino è come una medicina amara che non a tutti piace, va spopolandosi sempre più, rimangono i veri silenzi, la vera natura, i veri uomini. Uno di questi veri uomini ho avuto il piacere d’incontrarlo a Nicelli. Magnanimo, caparbio, pragmatico, severo ma giusto.
Guai a scherzare con i proverbi che poi s’avverano per davvero.
“Non ti mettere in cammino se la bocca non sa di vino” è una questione di fatto.
Gianfranco apre le porte della locanda e mi scalda il cuore prima ancora della piccola stufa a legna dentro la stanza servendomi cibo e vino a volontà.
Sarei rimasto senza cibo come a quel pranzo al passo Linguadà se non mi fosse stato donato qualcosa da mangiare da una coppia di signore riuscendo così ad arrivare alla fine di una lunga ed impegnativa tappa.
Ogni lasciata è persa
Basta un piccolo gesto per far tornare il sorriso.
Ecco che basta cantare sotto un violento temporale per esorcizzare l’apprensione oppure ravvivare le braci di una stufa come se si stesse tenendo vivo il fuoco della speranza.
Assicurarsi la tappa prima del buio è quasi irrazionale, non si può temere l’oscurità quando vuole mostrarti l’apoteosi di luce delle stelle nel firmamento, la rappresentazione dell’universo a questi livelli è qualcosa di toccante, il giorno merita d’essere vissuto fino all’ultimo istante.
“Mi manca già l’aria di questa notte dove tutto è sospeso e in bilico tra la vita e la morte, tra la strada e le stelle.”
La vera natura
Natura formato extra large
Quant’è perfetta la natura in tutto quello che fa.
Tutti i meccanismi che ne regolano l’aspetto possono dare tranquillamente vita a paradisi terrestri e alle più svariate meraviglie del mondo se tutti noi volessimo davvero averne cura.
La Via degli Abati diventa inconscia promotrice dei più svariati ambienti naturali.
I boschi
Rimango esterrefatto alla vista di un paesaggio dalle marcate tinte autunnali. I boschi sono i padroni di casa, il tempo e lo spazio s’arrestano sulla soglia, perderebbero significato se non mi lasciassero entrare. Sento finalmente i battiti del bosco ma ancor di più i suoi respiri.
In quell’unico e immenso castagneto che è la Lunigiana, il tempo è scandito dai ricci delle castagne che si schiantano al suolo rotolando per pochi metri prima che il bosco respiri affannosamente ricoperto da un’assordante fragore di pioggia.
La concezione dello spazio è vaga e indefinita, a tratti indecifrabile laddove vengo inghiottito da cospicui castagni abbattuti a ridosso dei monti della Val Curiasca (Coli).
I magnifici panorami
Tsunami di nuvole dense e compatte arrivano ogni santo giorno, calano dai versanti, mozzano le cime più elevate e coprono ogni angolo di cielo. Sembrano irremovibili finchè non arriva una bava di vento a gettare scompiglio sul far della sera.
Un sole prodigio penetra le nubi dappertutto ed esamina i pendii boschivi all’orizzonte ricoprendoli di luce fin dove può, corpi estranei quali case non sono pervenuti.
Il momento è buono per giocare d’azzardo con la variante del Monte Lama.
Sono attimi d’estrema estasi quelli che mi vedono coinvolto tra i boschi di faggio delle quote sommitali.
Il potere comunicativo delle intense e rosse tonalità è un capolavoro assoluto che non posso fare a meno di guardare e riguardare. Grandi e panoramiche dorsali erbose si protraggono verso sud mostrando il tesoretto di montagne lontane del frangente Tosco-Emiliano e un accenno di alpi Apuane.
Le antiche testimonianze
Queste montagne impropriamente dette di “serie B” lasciano trapelare particolari che vanno ben oltre l’immaginario collettivo.
Il sito del monte Lama raccoglie testimonianze del passaggio dell’uomo di tipo”Neandertal” con il più esteso affioramento di diaspri e calcari dell’Emilia Romagna.
I fasti dell’antica direttrice viaria si fanno più tangibili ogni qualvolta ci s’avvicina ai resti di qualche insediamento difensivo come può essere un castello (Magrini e Faraneto) o al ritrovamento di testimonianze legate alla frequentazione cristiana della Via degli Abati (Grotta/spelonca di San Colombano in val Curiasca, antichi ospitali del pellegrino).
I prati
Un paesaggio senza prati è come un acquario senza pesci. Punti luce del bosco, corridoi d’ampie vedute, lascia passare per gli ostacoli a venire, vellutati e lussureggianti oppure sgraziati e impoveriti.
I prati sono come segni di punteggiatura nel paesaggio, necessari e mai banali.
Lo stesso vale per gli alberi di melo/pero che, senza un’evidente spiegazione, trovano il senso d’appartenenza gettandosi tra le braccia di un prato, alla mercé del pellegrino (desideroso di rifocillarsi).
Alla fine dei conti pare che sia tutto un discorso di domanda ed offerta.
L’albero riceve cure e terreno fertile dal contadino che in cambio chiede riparo e cibo durante le pause dal lavoro, bello scambio di favori dico io.
Un guado al giorno toglie il cammino di torno
Bisogna sempre cavalcare l’onda anche in mezzo ad una traversata appenninica.
Me ne infischio dei km percorsi, trovo più corretto e determinante quantificare la distanza percorsa in giorni o in torrenti attraversati, se ci sono due cose che non si esauriscono mai sono proprio lo scorrere del tempo e dell’acqua.
Un guado al giorno toglie il cammino di torno.
Trebbia, Nure, Ceno, Taro, Magra.
In una manciata di giorni si oltrepassano tutti e cinque i grandi torrenti, una palpitante gioia attraversa ciascuno di essi. Scorgerli da lontano significa mettere a segno un altro tratto di strada. Ogni volta è un voler arrivare al successivo per vedere l’effetto che fa, è come una storia avvincente di cui si vuole conoscere il finale.
Conclusioni toscane
Interminabili salite e discese si gettano tra le colline del frangente piacentino e parmense, posso solo dire di conoscere in minima parte le fatiche che fece San Colombano durante il suo cammino verso Roma, è già così una bella soddisfazione.
Man mano che si avvicina la conclusione sento affiorare i ricordi di viaggio nella mente.
L’ultimo gesto intrepido è quello di attraversare il passo del Borgallo per poi calare nei boschi di castagno della valle del Verde.
La Toscana mi da il benvenuto nell’abbraccio di una cittadina quanto meno eccezionale come Pontremoli.
Mi sconvolge vedere il borgo storico racchiuso in una lingua di terra compresa tra il torrente Verde e il Magra, ormai diventati una cosa sola. Sale dolcemente sul bordo della collina fino a stopparsi contro le mura del castello. Antichi edifici, ponti e torri, il lustro dei palazzi nobiliari, dei cortili interni e delle piazze.
Il tempo è tiranno e mi riporta coi piedi per terra proprio al momento di riprendere il bus di ritorno a casa.
Info utili
Nel programmare il viaggio ho trovato subito alcune difficoltà organizzative. Ottobre è una stagione stupenda per fare trekking ad una quota media di 600/700m, le giornate non sono molto lunghe ma si riescono ancora a compiere lunghe traversate con abbondanti chilometri giornalieri. Il problema è che i flussi turistici dell’appennino sono già un lontano ricordo, va da sé che le strutture ricettive e le locande possono essere chiuse, quadro già aggravato dalla difficoltà di rifornirsi di viveri (botteghe alimentari) con regolarità (solo ad inizio e fine tappa… e non sempre).
Rifornimento idrico (fontana, sorgente o fonte d’acqua permanente) sempre possibile con regolarità.
La Via degli Abati viene suddivisa dalla guida in 5 tappe, scelta alquanto eccessiva per i miei gusti (difficoltà logistiche), le ultime due tappe superano i 34 km con oltre 1000m dislivello positivo e negativo.
La segnaletica verticale ed orizzontale non è molto chiara e curata per essere un cammino di un certo calibro, tantissime volte mi sono trovato a dover usare la cartina o la funzione gps sul cellulare.
Consiglio vivamente di consultare il sito internet della Via degli Abati (trovi il link qui) e comprare guida (10 euro), cartina + credenziale del pellegrino (10 euro).
Per chi fosse interessato lascio scritto di seguito il mio programma di viaggio. Il mio motto è minima spesa e massima resa.
Aggiungete sacco a pelo estivo, asciugamano ed accappatoio allo zaino per appoggiarvi alle ospitalità religiose (canoniche con letti singoli) dei vari paesi/borghi sparsi sul percorso aumentando così le possibilità di trovare alloggio in bassa stagione e riuscire a contenere le spese (offerta libera o costo di 10/15 euro). Seguite i prossimi passi 😉
Primo giorno
Tappa: Bobbio —->Mareto ( < 1 km fuori traccia) = 21 km circa.
Alloggio notturno: albergo del Cacciatori (notte + colazione 25 euro).
Nota: L’albergo ha tenuto aperto solo per noi nonostante fosse il suo giorno di chiusura (lunedì). Abbiamo cenato a Nicelli (consigliatissima “antica osteria di Nicelli”), abbiamo raggiunto Mareto con la luce frontale su comoda e buia strada asfaltata.
La Via degli Abati consiglia di prendere la variante (più lunga e anonima?) in località Magrini, nel tratto ufficiale sono presenti alberi abbattuti ma se ne viene a capo nonostante la segnaletica poco curata, basta avere un pò d’esperienza nel saper leggere le tracce e qualche segnale sbiadito.
Secondo giorno
Tappa: Mareto —-> Groppallo = 18/21 km circa (con e senza guado).
Alloggio notturno: albergo Centrale (mezza pensione 45 euro, cena buona e giusta nelle porzioni).
Nota: Rientro in traccia a Bolderoni. La seconda tappa della Via degli Abati prevede di guadare il torrente Nure in località Crocelobbia.
La guida sconsiglia di attraversarlo in primavera/autunno ma il corso d’acqua non presentava particolari problemi d’attraversamento al momento del nostro passaggio. Noi abbiamo preferito allungare il tragitto per arrivare a Farini in modo da fare approvvigionamento di cibo ed utilizzare il ponte.
Terzo giorno
Tappa: Groppallo —-> Bardi = 21 km circa.
Alloggio notturno: Ospitale canonica di fianco al duomo (offerta libera e uso cucina interno alla stanza). tel. 0525.72350.
Nota: Dal bivio Rio dei Navoni, vicino al passo di Linguadà, si può seguire la variante della dorsale del monte Lama(segnavia non immediatamente visibili, seri problemi d’orientamento in caso di scarsa visibilità), tragitto ben più impegnativo ma molto remunerativo sotto l’aspetto naturalistico/paesaggistico.
Il tragitto ufficiale della Via degli Abati compreso tra il passo di Linguadà e Bardi ha circa 5 km d’asfalto e abbiamo preferito non farlo.
Quarto giorno
Tappa: Bardi —-> San Pietro = 26 km (variante Caffaraccia), 30 km circa percorso ufficiale.
Alloggio notturno: Ospitale canonica (15 euro), cena prenotata. Tel. 338.4489468 all’agriturismo Vadonnino a 1,5 km (ci sono venuti a prendere in macchina).
Nota: Consiglio la variante bassa per Osacca perchè quella alta non ha niente di particolare da mostrare.
In località Predetto si può imboccare la variante per Caffaraccia ed accorciare il percorso di tappa mantenendo uguale il dislivello.
In località Isola di Caffaraccia è presente un ulteriore taglio non riportato in cartina, basta seguirlo per arrivare prima a San Pietro.
Quinto giorno
Tappa: San Pietro —-> Cervara = 23 km
Alloggio notturno: Ospitale canonica (offerta libera, uso cucina e stufa). Tel. 328.9022700
Nota: Fare attenzione alla deviazione tra il Bosco del Merlo e il passo del Borgallo, i pittogrammi sugli alberi sono assenti o poco visibili, è facile cadere in errore a causa di una finta traccia.
Cervara è un bel borgo, neanche tanto piccolo e per metà abbandonato, non c’è nulla se non la bella canonica a disposizione del pellegrino dove potrete trovare un pò di cibo, acqua, luce, gas (angolo cottura), stufa a legna e altre comodità.
Sesta tappa
Tappa: Cervara —-> Pontremoli = 12 km
alloggio notturno: Nessuno. Rientro all’abitazione.
Letto: mi piace.
Sono per la roccia, le Dolomiti sono i miei sentieri più amati. Ma anche gli Appennini danno grandi soddisfazioni. Abitando sulle colline, fra olivi, querce e campi coltivati quando ho percorso la Via degli Dei mi è quasi sembrato di “non uscir di casa”. Ma sbaglio! Anzi, leggendo il tuo racconto mi accorgo di sbagliare molto.
Complimenti ancora
… e se come mi hai detto vuoi fare il GR20 leggi i miei racconti su https://fringeintravel.com/gr20-in-corsica-mini-guida-pratica-tappe-e-consigli/
L’appennino mi affascina per la storia, la cultura, le tradizioni, la tenacia della gente, i piccoli borghi, la ricchezza di specie e microclimi che, quando meno te lo aspetti, arrivano a formare un paesaggio unico. Magari vado a camminare senza aspettative perché mi basta stare in mezzo alla natura, è quello che ricerco principalmente, quel contatto che mi manca completamente nella pianura padana, respiro aria pulita e mi sento bene!! Sono alcuni anni che non vedo le Dolomiti o le Alpi, sono tremendamente belle ma ho imparato ad apprezzare quello che mi circonda portando a spasso il bimbo che è in me. La Via degli Abati fatta in autunno è qualcosa di magico.
Leggerò sicuramente il tuo articolo del GR20, l’anno prossimo vorrei esaudire questo desiderio! Ciao Marco, un buon 2021!!
ho trovato molto interessante il suo articolo con descrizione completa del cammino e molto piacevoli le foto a corredo. Penso di trarne spunto per riprendere il cammino, che iniziai a Pavia e interruppi a Bobbio, appena cesserà il blocco dei movimenti extraregionali. Grazie per aver sollecitato la mia curiosità e smosso la mia pigrizia.
Alberto da Somma Lombardo .
Ciao Alberto! Mi rendi molto orgoglioso del lavoro se mi dici così, ti ringrazio!
La prima cosa che desidero quando scrivo un articolo è quella di arrivare a “stuzzicare” il lettore ed invogliarlo a partire per la mia stessa destinazione. Cerco di trasmettere il bello, l’amore per la natura.
Più persone riesco a coinvolgere più posso dire di sentirmi appagato.
E’ la più bella delle gratificazioni.
Ti auguro con tutto il cuore di riuscire a finire la Via degli Abati, mi ha lasciato dei bei ricordi e spero possa lasciarli anche a te!!