Cammino di Dante parte 1 – Cammino storico d’Appennino
150 km da Faenza a Firenze attraverso l’Appennino
Intro
Quale modo migliore per festeggiare il settecentenario dantesco se non ripercorrendo alcuni luoghi simbolo della sua vita sul cammino a lui intitolato?
Il Cammino di Dante prende avvio dalla città di Ravenna (luogo di morte del poeta), tocca Firenze (luogo di nascita) e torna al punto di partenza seguendo un percorso circolare.
In questo articolo vi parlo della prima metà del cammino, ovvero la parte compresa tra Faenza e Firenze.
Ci si addentra progressivamente nelle colline dell’Appennino Romagnolo per poi passare alle montagne spartiacque dell’Appennino Tosco – Emiliano e alle colline patinate ed impeccabili tipiche della Toscana.
Il patrimonio naturalistico è tanto forte e vivo quanto quello storico-culturale, visto e considerato l’alto numero di borghi, paesi, eremi ed abbazie dislocati sul percorso o nelle vicinanze.
La narrazione procede su due livelli. Da una parte c’è lo sviluppo principale in prosa mentre dall’altra ci sono gli approfondimenti dettagliati sotto forma di didascalie fotografiche, per capire tutti gli argomenti toccati è necessario leggerli entrambi.
Un video dettagliato completa il quadro narrativo e dà la possibilità ai lettori meno volenterosi di comprendere molto bene le varie sfaccettature del Cammino di Dante.
Al termine della lettura puoi consultare il paragrafo “Info” per vedere la mia suddivisione in tappe del percorso.
Buona lettura!
Ravenna. L’arte musiva è fonte d’ispirazione
Centellinare l’arte e la poesia a Ravenna è complicato quanto ridicola è la probabilità di non essere travolti da cotanta bellezza. Un’ingente quantità di materiale musivo (epoca bizantina) impregna di storia e religiosità ariano-cristiana le pareti delle più accreditate monumentalità (IV-VI sec. d.C.) della città. Sotto forma di rappresentazioni religiose attecchiscono negli animi di chi si avventura incredulo all’interno di questi complessi, nell’estasiante ammirazione per qualcosa di unico e raro. Processioni di santi/vergini/martiri, iconografie, figure allegoriche, scene bibliche, apostoli ed evangelisti pendono da pareti e soffitti dispiegandosi sulle tessere in sgargianti colori, disponendosi attorno al creatore in modo ascensionale secondo linee di forza maggiore.
Al termine del percorso di visita rimane il rammarico che sia tutto finito, per noi forse si ma per qualcuno come Dante Alighieri, rimasto folgorato ed ispirato dalle opere in questione, si apre un nuovo capitolo, la stesura dell’ultima Cantica della Divina Commedia.
Faenza
Il Cammino di Dante comincia a macchinarmi nella testa alla stregua di figurante pellegrino mentre compio i primi passi non lontano dalla cara Ravenna.
Ironia della sorte, al culmine dell’autunno Faenza mi riserva un viale A. Baccarini sfogliato, gli ippocastani tradiscono la stagione e mi fanno credere che sia tutto finito mentre in verità i colori sono solo rimandati a più tardi.
La ceramica, celeberrima arte faentina, è portata in mostra e racchiusa dietro la soglia di un lungo e curato stabile adibito a museo (museo internazionale della ceramica di Faenza).
Sfilo accanto l’insegna del Rione Rosso, è compresa una sfilza di piatti in ceramica decorata apposta allo storico muro di mattoni faccia vista.
I punti di riferimento scarseggiano tra le viuzze del centro storico, un inconfondibile brano di Johnny Nash viene riprodotto al primo piano di un’abitazione arrivando distintamente alle mie orecchie.
L’attenzione è rivolta alla mole della cattedrale all’angolo di Piazza Libertà e ai palazzi (podestà e municipale) che si protraggono nell’antistante Piazza del Popolo, centro nevralgico della vita cittadina.
Sgattaiolo via sulla periferia senz’arte ne parte nel campo dell’orientamento urbano, non prima d’imbattermi casualmente nelle solide mura cittadine.
Scruto l’intorno a piede libero e respiro lento lasciandomi guidare alla base della collina.
Romagna, che passione! La food Valley
La valle del fiume Lamone catalizza la scena aprendo le danze sul Cammino di Dante.
Il cono prospettico è gigantesco come enorme è la produzione frutticola romagnola, in simbiosi sposano alla perfezione proporzioni ed esposizioni solari.
Mi trovo a camminare per diverso tempo sulle creste erbose di confine.
Avverto l’inconfondibile passione per la cura del territorio che mi delizia la vista e mi stuzzica il palato ricordandomi di quanto la Romagna sia conosciuta nel mondo come la Food Valley.
L’unione fra tradizione, buon cibo e ingegno creativo porta sulla cucina qualcosa di straordinario che non può mai mancare accanto alle eccellenze enogastronomiche del territorio.
Una cascata ininterrotta di filari coltivati dona ai pendii un bell’aspetto movimentato che da cima a fondo riempie l’intorno di colore e grazia, con la scorta d’acqua di bacino sempre pronta per l’uso irriguo.
La Vena del Gesso Romagnola
Cambiano le stagioni e cambiano anche gli usi. Un bel carico di pellet trova posto al centro di un desolante porticato d’abitazione. Per il momento nessun focolare scalda la casa e riempie l’aria di fumo, al contrario l’estate di San Martino trova tutti impreparati. Alcuni sentori di note fruttate passano equivoche nell’aria, provengono da lontano, sarà una reminescenza dell’estate?
Un’orda implacabile di calanchi monta imperturbata nella Vena del Gesso e riversa verso monte i fronti d’argilla che plasmano il paesaggio.
Nel mio piccolo trovo familiarità con altrettanti calanchi disposti al bordo del precipizio, in apparenza poca roba. Sto forse adottando la teoria dell’iceberg di Hemingway, rischio di prestare attenzione solo a quello che si vede a prima vista mentre il resto passa inosservato.
Un semplice costone d’argilla può mascherare interi versanti calanchivi come se niente fosse, è solo questione di angolazioni.
Brisighella
Per completare l’esperienza di viaggio non basta camminare.
Storia, arte e cultura vanno di pari passo sul Cammino di Dante e arricchiscono l’invisibile.
Ci sono vicende storiche (eccidio della Castellina ad opera di Alberigo Manfredi) ed opere costruttive (rocca Manfrediana/Veneziana e la torre dell’Orologio a Brisighella) che fanno parlare della famiglia Manfredi, signori di Faenza (XIV-XVI sec.), si raccontano visivamente sul percorso, anche tramite testimonianza storica derivata dai Canti della Divina Commedia ( la torre di Oriolo dei Fichi richiama alla memoria l’esilio di A. Manfredi).
Dalle vette al borgo di Brisighella (uno dei borghi più belli d’Italia) il passo è talmente breve che basta una divagazione tra i campi e il gioco è fatto.
Tre colli ben distinti richiamano l’attenzione e svettano sui tetti delle case.
Ciascuno di essi eleva il proprio portamento e quello che vi è deposto sopra. E’ così che torre, castello e santuario rubano la scena e creano un effetto prospettico davvero unico.
Il centro storico è un agglomerato denso di palazzi e abitazioni a più piani che sono ricevuti da vie principali gremite di gente alla convergenza della chiesa parrocchiale di S. Michele, vie coperte (la famosa Via degli Asini) e camminamenti sono una peculiarità.
Vocabolario della lingua vegetale
Porta Bonfante si prefigura in spogliate vesti al termine di una storica Via Bonfante e conduce alla deriva nella vegetazione.
Passeggio sulla collina dove si protrae il silenzio, persistono alcuni strascichi di carattere insediativo, per lo più abitazioni rurali che non vanno a inficiare sull’atmosfera sino a qui abbozzata.
Vado instaurando un dialogo intimo e personale con l’ambiente circostante.
Posso pormi all’ascolto cercando di captare i diversi segnali naturali, più procedo e più i nostri due mondi si compenetrano con facilità senza fare resistenza.
Abbandono definitivamente il vocabolario della lingua umana per adottare il linguaggio della lingua vegetale, fatta di caratteri semplici, mobili e intuitivi.
Gesso. Il minerale che da forma e volume a tutto
Il gesso non conosce ostacoli, pone in essere ciascuna delle colline circostanti dando forma e volume a tutto. Nella fattispecie il materiale che meglio incarna i versanti dirupati o calanchivi, versanti frana poggio o reggi poggio.
Per effetto dell’elevata solubilità in acqua è il creatore di mondi sotterranei. In questa dualità perenne vengono a formarsi/trasformarsi interi mondi paralleli pressoché sconosciuti. Si tratta di grotte, inghiottitoi, camere, valli cieche o doline di crollo all’origine del fenomeno del carsismo, tipico di quest’area.
A (s)passo di dorsale
La gigantesca dorsale su cui mi trovo fa capo ai due principali torrenti a valle.
Sintria e Lamone la spalleggiano mentre reggono in piedi il complesso e formidabile sistema vallivo che ne deriva.
Una pioggia continua e regolare di valli laterali si scaglia dall’alto al basso dei versanti con risonanza su vasta scala. Dal proprio canto posso osservare questa complessità a distanza ravvicinata o a lunga gittata in base alle condizioni concesse sul Cammino di Dante.
Gli uliveti si contendono gli spalti più assolati vicino a Brisighella con l’intento di produrre dell’ottimo olio Brisighella Dop da portare sulle tavole. Provano a spodestare le specie arboree spontanee rilegandole momentaneamente ai margini finchè non torneranno alla ribalta più avanti con forza accentratrice nella dominante selvaggia.
Queste sono le zone incontaminate della media collina con cui non si riesce umanamente ad interferire. Tutto cresce e si modifica secondo i principi e i ritmi della natura. Dove si è riusciti a creare scompiglio sono unitamente trincee e case partigiane che ancora permangono dal tempo di Guerra (Cà Malanca, Fornazzano).
Attimi da collezionare
I trascorsi faccia a faccia con distese di colori autunnali ripresi dalle tinte arancioni (aceri, ciliegi selvatici, castagni) e gialle (querce, carpini), uniti agli spazi sconfinati di molte viste mozzafiato, entrano di diritto nella mia personale collezione di attimi preziosi.
Le notti si riempiono di stelle e pianeti, circondate dal fraseggio nebuloso di quelle costellazioni che qualcuno vedrà quando chiamarsi “vicini di casa” sarà solo un modo come un altro per non sentirsi soli fino all’altro capo della valle, non basta un osservatorio astronomico (Monteromano) per contenerle tutte.
Una cintura di monti all’orizzonte può essere talmente vasta da sfiorare la risacca del mare vicino alle Marche (monte Nerone) per poi sentire nascere il fiume Arno sul monte Falterona o il Tevere sul monte Fumaiolo, non ci sono più certi confini.
“Un battito d’ali di farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo”. Un muggito che riecheggia come un grido di battaglia nella valle del Rio Campodosio o l’eccezionale caduta al suolo delle castagne nei boschi può produrre conseguenze su larga scala?
Non so rispondere ma, se il proposito è quello di conoscere meglio il frutto della castagna, si può ripiegare verso Marradi, la patria del “Marron Buono”.
Marradi e il territorio Vallombrosano
Eppur mi sono scordato di te che sei l’acqua del Lamone e bagni le sponde del paese ridando familiarità ai miei passi sul Cammino di Dante.
Vengono commemorati personaggi illustri del luogo sotto le mentite spoglie di una piazza Celestino Bianchi e di una casa natale Dino Campana.
Il passato glorioso della casata medicea riecheggia nei vicoli. Immancabile lo stemma del giglio fiorentino apposto in Via Fabroni o la lapide incisa sulla canonica di San Lorenzo in ricordo del passaggio del Granduca di Toscana nel 1777.
L’excursus romagnolo termina qui ma la spinta a riprendere il Cammino di Dante è tanto quella religiosa provata intorno all’anno mille in territorio vallombrosano.
Sul cammino ho il piacere di visitare importanti abbadie avvolte nel mistero (abbadia di Mezzo, eremo di Gamogna), si materializzano per incanto in valli disabitate, incontaminate e difficili da raggiungere.
L’atmosfera si ravviva con fantastici paesaggi che penetrano efficacemente l’animo umano. Compiaciuto e destato nuovamente dalla bellezza spropositata di certe valli non faccio altro che cadere in tentazione servendomi di cenge aeree per osservarle tutte.
La spiritualità in trono
Vedo forte e chiaro come impiegano le proprie risorse certe specie arboree, sprigionano colori fogliari fortissimi in mezzo all’abisso vegetativo e ruotano attorno alle cime del monte Val del Calvo e del monte di Gamogna.
Il tempo non manda a dire se si è fermato ma è evidente come la spiritualità che troneggia al fianco dei colori autunnali alla presenza dell’eremo.
Quest’ultimo brilla come caposaldo di fede tra le montagne e posa sul ciglio del precipizio senza vacillare, attitudini che calzano a pennello al sole ritrovato.
Appena scorto sulla dorsale di una montagna e già al lavoro per spazzare progressivamente via il buio e il freddo che chiedono d’entrare dalla porta quando la luce del giorno picchia alle finestre delle celle monastiche.
Le migliori sporgenze
In un bagno di chiaroscuri nuovi di pacca occupo le migliori sporgenze Poggio dell’Inferno, Poggio Fontanacce) per osservare in santa pace questo conflitto che eternamente agita le valli labirintiche a ridosso del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Allo stesso tempo posso avere il piacere di distogliervi lo sguardo per un po’ se questo mi porta a procedere nel folto di un bosco di castagni della fascia submontana (valle del torrente Acerreta, Fosso dell’Acquacheta) o in quello di faggi della fascia montana (Fosso dell’Acquacheta, Passo dell’Eremo, Poggio dell’Inferno).
Passato, presente e futuro avanzano alla pari sui poggi del Cammino di Dante aprendo la visuale a 360° su un orizzonte di valli attraversate e da attraversare.
Suoni e pensieri dantesci al Fosso dell’Acquacheta
Un pensiero mi sfiora. In quanto essere umano sono solo un puntino nell’universo, è un divario incolmabile che si manifesta con la visione di quell’opera d’arte maestosa chiamata Fosso dell’Acquacheta.
La sua profonda forra, così ridondante d’insenature e vegetazione, risuona come una cassa armonica nella mia testa, viene messa in funzione dallo scroscio dell’acqua che precipita dalla cascata dell’Acquacheta innescando a catena una serie di altri suoni. Questi hanno la tenera musicalità dei piccoli saltelli d’acqua sul greto dell’alveo o del forte vento che s’incunea roboante e smuove le chiome di molti alberi monumentali di faggio.
Senza contare il parallelo riferito alla poetica dantesca. Espresso in versi nel XVI Canto dell’Inferno, rappresenta l’incontro personale che ebbe il poeta al passaggio dall’Acquacheta.
Come quel fiume c’ha proprio cammino
prima dal Monte Viso ‘nver’ levante,
da la sinistra costa d’Apennino,
che si chiama Acquacheta suso,avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,
rimbomba là sovra San Benedetto
de l’Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto;
così, giù d’una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell’acqua tinta,
sì che ‘n poc’ora avria l’orecchia offesa.
Se le pietre potessero parlare
La curiosità smuove le montagne e indaga possibili scenari.
Al centro della questione ci sono piccoli agglomerati rurali (Pian Baruzzoli) dimenticati da dio, borghi (San Benedetto in Alpe) che fanno capo ad antiche abbazie e boschi spontanei (Fosso dell’Acquacheta) acquisiti dopo il graduale spopolamento abitativo.
Se le pietre potessero parlare chissà quante storie avrebbero da raccontare al proposito.
La natura è tempio di pilastri viventi, una foresta di simboli che parla all’uomo che non li può capire.
“Qua la gente c’è”. Sono le parole proferite dal nulla da un abitante delle case in pietra a Pian Baruzzoli, quasi a smentire quello che sto pensando in questo momento.
Esce allo scoperto sul pianerottolo dell’abitazione mentre sotto di lui il caos regna sovrano, oggetti di vario genere e utilità discutibile stanno accalcati sul frontespizio del caseggiato.
Questi sono i pochi abitanti delle terre alte, crescono a pane e raduni rainbow mentre conducono un’esistenza semplice e felice con tutta la famiglia. Senza nulla chiedere si adattano al ciclo delle stagioni e vivono di quello che la terra può dare (castagne, olive, allevamento allo stato brado e colture orticole in gran quantità).
L’acqua divalla facendomi emergere dalla vegetazione del basso letto solo per sentire che aria tira a San Benedetto in Alpe.
Un mordi e fuggi che mi riporta altrove, dove non serve sognare.
Ambasciator non porta pena
Il ponte sulla statale sposta il centro focale del Cammino di Dante da un versante all’altro.
Ambasciatore non porta pena ma bisogna alzare l’asticella per riuscire a inerpicarsi su un versante umido, ombroso, a tratti esposto come quello che porta a Prato Andreaccio.
La fatica può dirsi ricompensata dagli affacci panoramici che mirano a catturare ampie porzioni del paesaggio circostante.
Il disegno divino della creazione, per quanto mi riguarda, può dirsi completo dalla dorsale compresa tra Monte del Prato Andreaccio (991m slm) e Colla della Maestà (1034m slm).
La gestualità della luce solare si comporta come la marea, aumenta e diminuisce il livello in funzione dell’orario giornaliero, può portare alla ribalta un tramonto dall’eremo dei Toschi oppure farsi desiderare al lato opposto di una dorsale mentre sublima durante l’alba.
Cosa ne sarà di questa bastionata appenninica che volge fisicamente al termine, sicuramente sublima il ricordo di un’esperienza totalizzante, appannaggio dei prossimi pellegrini curiosi e assetati d’avventura.
Adios Appennino Tosco-Emiliano!
L’orizzonte vira formato, cede il passo alle colline verdeggianti delle terre toscane.
I pascoli concatenati al bosco sono frutto dell’attività svolta da qualche proprietario terriero in località Castagneto.
Un allegro ruscello costeggia casa Moia, non fa una piega, nel dialetto emiliano significa “bagnato” per l’appunto.
La selvicoltura manda in visibilio grandi e piccini alle prese con la raccolta della castagna sulle pendici del Poggio Erbolini e del Monte di Casi. Nessun albero secolare del castagno può competere con quello monumentale del leccio a Castagneto, grandezza e bellezza sono senza eguali. Nulla sembra poter alterare la sua integrità, le cannonate sferrate dal fronte della Linea Gotica nemmeno lo sfiorano.
Faccia a faccia tra Dante e San Godenzo
La figura di Dante torna a farsi sentire nei pressi di San Godenzo.
Passo al vaglio la struttura in pietra del ponte del Cicaleto e transito fintamente sullo stesso selciato che adocchiò il sommo poeta dopo il suo esilio da Firenze, sentenza avvenuta nell’ abbazia medievale l’8 giugno 1302.
Ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante e non mancano celebrazioni e promozioni turistiche in paese. Eventi e meeting riempiono la programmazione, per non parlare del percorso tematico a sfondo storico affiancato alle Cantiche stampate sui muri ma, nonostante questo, il centro nevralgico della vita cittadina e delle vicende dantesche gravita sempre attorno all’abbazia di San Gaudenzio, ascrivibile come il luogo in cui nacque l’idea della Divina Commedia.
Importanti arterie viarie. Oggi come allora
La rete stradale moderna progredisce costantemente verso una più radicata e accessibile mobilità veicolare cancellando le tracce del passato. Bisogna spogliare del superfluo una strada provinciale SP95 per riconoscerla come importante arteria viaria tra l’Oltrarno superiore e la Romagna al tempo del Granducato di Toscana.
Le testimonianze storiche sono innumerevoli, basti pensare quante “Vie degli Etruschi” gravitano attorno alla rete sentieristica locale e al vicino sito archeologico di Frascole.
Le notizie balzano alle cronache e lascio che mi trasportino sul Cammino di Dante tra San Godenzo e Dicomano.
La valle del fiume Sieve
Le colline patinate ed impeccabili della Toscana tornano alla ribalta ridefinendo il gusto estetico nel paesaggio. Queste sono molto più inclini alla logica redditizia di quanto non lo siano le boscaglie che, rilegate ai margini, devono accontentarsi delle valli laterali o delle cime per potersi esprimere.
Anche l’occhio vuole la sua parte.
Uliveti e i vigneti sono molto invitanti e lo deliziano con intrecci di colori e forme davvero unici.
Mi adagio sugli allori respirando momentaneamente la calma che trasmette questo piccolo paradiso terrestre a cavallo del fiume Sieve.
Flirto tra vicoli e ponti della parte antica di Pontassieve e Dicomano a caccia di suggestioni. Ricerco i luoghi simbolo (Pieve Santa Maria a Dicomano, Via Ghiberti a Pontassieve) considerando che i rimaneggiamenti urbanistici sono la conseguenza delle ferite inflitte dai bombardamenti della II Guerra Mondiale.
Mirabolante excursus
Ci sono cose che non si possono spiegare, la salita sulla destra idrografica del Sieve è una di quelle.
Mirabolanti percorsi tagliano a mezzacosta i versanti di qualche Poggio dilettandosi ad osservare il paesaggio dalle insenature o da qualche balconata.
Un filare di cipressi ha tutta l’aria di voler rubare la scena, riconquistata in piena regola dalla bucolica valle del torrente Uscioli.
Molti sono i luoghi di perdizione lungo il corso del Sieve, basti pensare all’impareggiabile allettamento dovuto ad un percorso prevalentemente in piano e circondato dai vigneti del Chianti D.O.C.G., attorniati da un’infinità di poderi, casali, fattorie e agriturismi di proprietà.
Nel pensier mi fingo fintanto che ci si sente sognatori, ora che posso sognare ad occhi aperti non ha più senso farlo. Sulle note di “fly me to the moon”, scaturite improvvisamente nella mia testa, saluto Firenze dall’affaccio del Poggio dell’Incontro e mi sembra realmente di volare dalla felicità.
La vedo crescere davanti ai miei occhi e, seppur forèsto della città, mi appartiene sempre più.
Il fiume Arno mi guida nella periferia tanto da compiere passi da gigante verso la destinazione finale rappresentata dalla casa-museo di Dante Alighieri.
Info utili
Ho pianificato le tappe del Cammino di Dante in base alle mie esigenze, senza rispettare quelle che sono le suddivisioni ufficiali (peraltro poco inclini al mio modo d’andare a piedi, tappe troppo lunghe seguite da tappe molto corte o viceversa)
Volevo vivere al massimo questa esperienza cercando di dormire lontano dalle abitazioni, anche se si poteva trattare solo di piccoli paesi/borghi. Ho preferito stare isolato nelle campagne o nei boschi per respirare la calma serale e mattutina. Tornassi indietro lo rifarei uguale e prenoterei di nuovo il meteo super favorevole!! 🙂
Giorno per giorno
1° giorno
Partenza – Arrivo: Faenza – Brisighella (via Borgo Tuliero ed ingresso in traccia).
Lunghezza: 18 km
Dislivello +: 360 m
Difficoltà: facile
2° giorno
Partenza – Arrivo: Brisighella – Monteromano (B&B Cà le Stelle)
Lunghezza: 18,5 + 1 km (fuori traccia)
Dislivello +: 930 m
Difficoltà: medio/impegnativo
3° giorno
Partenza – Arrivo: Monteromano – Eremo di Gamogna
Lunghezza: 24 km
Dislivello +: 950 m
Difficoltà: medio/impegnativo
4° giorno
Partenza – Arrivo: Eremo di Gamogna – Eremo dei Toschi
Lunghezza: 20,5 km
Dislivello +: 950 m
Difficoltà: medio/impegnativo
5° giorno
Partenza – Arrivo: Eremo dei Toschi – Dicomano
Lunghezza: 24 + 2 km (deviazione ponte del Cicaleto)
Dislivello +: 750 m
Difficoltà: impegnativo
6° giorno
Partenza – Arrivo: Dicomano – Pontassieve
Lunghezza: 21 km
Dislivello +: 480 m
Difficoltà: medio
7° giorno
Partenza – Arrivo: Pontassieve – Firenze
Lunghezza: 21 km
Dislivello +: 500 m
Difficoltà: facile